Uno degli effetti collaterali piu’ spiacevoli del caso Lupi e’ stata l’inopinata riesumazione di Tonino Di Pietro.
Dall’alto della sua esperienza di nepotista (il figlio imposto come consigliere comunale e poi regionale) e di beneficiario di capi di sartoria (noti e appurati i completi di Caraceni ricevuti in regalo dagli amici della “Milano da bere” prima di “mani pulite”) l’ex di tutto ha sdottorato su giornali e televisioni vantandosi di aver cacciato Incalzi dal Ministero dei Lavori Pubblici in quanto “la sua faccia non gli piaceva”.
A parte le considerazioni Lombrosiane di dubbio gusto e validita’, il buon Tonino dovrebbe invece spiegare agli Italiani per quale ragione, da Ministro dei Lavori Pubblici, decise di intraprendere la strada dell’arbitrato nelle cause intentate dal costruttore Longarini contro il Ministero stesso.
Strada che si e’ rivelata fallimentare per lo Stato Italiano condannato a rifondare al costruttore tra 1,5 e 1,7 miliardi di euro, come del resto preventivato dall’avvocatura dello Stato che cerco’ in ogni modo di dissuadere il Ministro da perseguire questa soluzione disastrosa.
Ultimo ma non ultimo per entrambi gli arbitrati il buon Di Pietro scelse (come rappresentanti del Ministero) dei professionisti molto vicini all’IDV, uno dei due divenne addirittura segretario del partito nel 2013… Tutto regolare ? Non sarebbe forse meglio un minimo di riservatezza da parte del buon Di Pietro ?

